La chiesetta di San Zenone di Lestans

La chiesetta di San Zenone di Lestans
Autore / Produttore: Paolo Dalla Bona
Data: 09/08/2024
Fonte/Informatore: Gruppo Archeologico Archeo 2000 o.d.v.
Data e luogo di raccolta dell'informazione: anni 1990
La chiesetta è intitolata a San Zenone, Vescovo di Verona dal 362 al 371 d.C. La vita di questo Santo è avvolta nella leggenda: pare fosse originario della Mauritania e per questo fu anche detto "il Vescovo Moro". Secondo le fonti storiche visse in austerità e semplicità e siccome pescava il pesce per il proprio pasto nell'Adige, è considerato il protettore dei pescatori d'acqua dolce. Nell'iconografia viene rappresentato con un pesce appeso al pastorale.
Le prime notizie storiche di questo oratorio risalgono al 1289 (... 1289 - 16 Febbraio, Nodaro Giacobino di Vidor ..., per un lascito testamentario da parte di Enrico di Lestans a diverse chiese fra le quali la chiesa di S. Zenone ).
Presso la chiesetta di san Zenone, la prima domenica di maggio, veniva organizzata una Mostra d’armi delle cernide del Contado (cernide istituite dalla Repubblica di Venezia il 23 marzo del 1593). Alle mostre (5 in tutto) dovevano partecipare tutti Comuni del Contado con un componente per fogo (per famiglia), con schioppo e cappello d’ordinanza sotto gli ordini del Capitano di Castelnovo.
Le spese organizzative erano a carico del Comune di Lestans che nel 1776 si ribellava supplicando il magistrato sopra i feudi di non essere caricato di tali oneri e pene in caso di mancanza dello schioppo o del cappello. In seguito, il Magistrato fece togliere e abrogare tali obblighi e pene.

Il 19 Settembre del 1499, Jacobus Hoffer, Capitano del castello di Castelnovo, per conto di Federico di sassonia, affittò a Battista fu Caroli Morosi de Lestano, Petro Filio Leonardi Albi Nepotis di detto Battista e Hieronimo Fulminiani soci, il “Montem, qui vocatur Collis de Lestano & S.Zenoni” per cavare mole per mulini “Mollae ad Molendinum” per “quator Venet boni auri”ds pagare a metà mese di ogni anno.


LE LEGGENDE ATTORNO ALLA CHIESA DI SAN ZENONE
Da raccolte fatte a suo tempo dalla scuola elementare G.Marconi di Lestans e da Novella Cantarutti risultano dalla memoria popolare di Lestans i seguenti racconti sulla chiesa di San Zenone:
1. “Al è un puartin a San Zen parsè che lì a zevin, in timp da la consacrazion, la int ch’a no era cristiana. A erin i pagans
2. “A San Zen, abas da la glisia a an cjatât tombas e vâs. A era ancja una senta dulà ch’al è stât sentât Atila, ades a no è pi. A era di piera
3. “A San Zen a è una pula duta di oru cun dodis polazins duciu di oru. A era platada e, da pizinins, a si zeva sù a jodi da  cjatâ chista pula
Ci sono varie versioni su queste credenze e fra le quali quella di un prete (forse custode della chioccia d’oro con i suoi dodici pulcini.
…si racconta che nell’alto medioevo, ogni notte, allo scoccare della mezzanotte, comparisse nella chiesa di san Zenone un sacerdote che indossava i paramenti sacri per celebrare la messa dei defunti.
            In vita egli era riuscito, o forse non aveva voluto, celebrare tutte le messe che gli erano state ordinate dalla popolazione, e pertanto non poteva godere della pace eterna fino a quando non avesse soddisfatto i propri obblighi.
Naturalmente erano necessari dei giovanotti che avessero servito la Santa Messa: come fare?
Il sacerdote fece sapere che, se avesse trovato due ragazzi che si fossero prestati a questo servizio, avrebbe indicato loro un grande tesoro.
            Tutto ciò, però, ad una condizione: esse non avrebbero mai dovuto alzare la testa durante la S. Messa per guardare il celebrante.
Fu così che due baldi giovanotti, allo scoccare della mezzanotte, si presentarono in chiesa con un cappuccio in testa.
Si accostarono alla porta: un leggero venticello, penetrando attraverso le fessure, provocarono degli strani rumori, ma, desiderosi di sapere qual era il tesoro, i due si fecero coraggio ed entrarono,
Con la coda dell’occhio si accorsero che un’ombra stava accendendo due candele sull’unico altare e qui, mossi da curiosità, alzarono la testa.
Immediatamente le candele si spensero, l’ombra svanì e i due dovettero ritornare a casa.
Quando stavano ormai per uscire dalla chiesa, da dietro l’altare una voce disse sommessamente:
“Tornate…..tornate, e, dopo dodici volte, vi rivelerò il luogo dove si trova il grande tesoro; esso è composto da una tacchina d’oro e dodici piccoli pulcini anch’essi d’oro massiccio”.
I ragazzi tentarono anche la sera dopo, e così per un paio di volte.
Ormai, però, in paese si era sparsa la voce ed altri giovanotti seguirono le orme dei due: nulla si seppe più della “pula e dei pulcini d’oro” che, avvolti dal mistero, sono ormai divenuti elementi caratteristici e leggendari quando si voglia parlare della piccola chiesa di San Zenone.

Giovanni Bozzer ricorda che “Gno nonu (Antonio Cancian detto Toni Mela) al contava che una dì, prima ch’al jevas il soreli, il cont Belgrât al era zût sù a cjassa cui cjans in San Zen. Spetant ch’al cricas il dì al si era sentât su la piera sot il puartin da la glisiuta. Un biel moment i cjans ai cuminçar a baiâ e lui al jodè vignî indevant una prucission cul predi  dut vistût di neri e davôr di lui a cjaminava una pula cui siei polazins. Il cont Belgrât al cjapà tanta pora”

Qual è l’origine della leggenda della PULA D’ORU CUN DODIS POLAZZINS”.
Sappiamo che a circa 100 m. a nord dell’oratorio, c’era un insediamento romano che mantenne la sua presenza anche in età altomedievale VII-IX sec. d.C. (prova del fatto che furono rinvenute una matrice per cesellatura a sbalzo di lamine in rame o argento o oro dei Re Magi ed una di un crocefisso per lo stesso uso.
Forse, la leggenda fu portata dagli abitatori (orafi di scuola longobarda carolingia) che avevano conoscenze sul  tesoro della tomba di Teodolinda, moglie di Autari e di Agilulfo, fautrice della conversione dei Longobardi al cristianesimo,  rappresentato da una chioccia in argento dorato di età romana e di sette pulcini in oro poggiati su uno scudo, intenti a mangiare del becchime di età altomedievale. Questa composizione voleva simboleggiare Teodolinda come la madre protettrice e i suoi sudditi diversi per origine, mentalità e censo uniti nel nome di Cristo.
Forse le leggende narrate dai nonni dei nonni.. partono da questo tesoro Longobardo con qualche variante sul numero dei pulcini, da 7 a 12 (forse il numero degli apostoli o dei mesi dell’anno).

Don Genesio Francile, nel suo libro di poesie “SOT SERE” scrisse questa poesia dedicata alla chioccia Doro di san Zen:

La chioccia di Lestans
Chioccia madre, chioccia regina tu non splendi per l’oro
ma per la bontà divina.
E quando gli sterratori verranno a cercarti
tra il bosco e la chiesetta,
tu scappa in tutta fretta.
Tra le calde piume accogli i tuoi pulcini
non chioccare, non pigolare, il vento passa per non tornare.

Chioccia madre, chioccia regina sta’ celata immobile
lassù in San Zenone
tra l’erba secca
e il fragile canneto:
vive il tuo mito
fin che vive il tuo segreto.