La processione dei morti
Data: 2022
Fonte/Informatore: Nicoli Giuseppina
Data e luogo di raccolta dell'informazione: 1970
C’era nelle case della Bela a Cimolais una donna di nome Catina il cui marito era andato a lavorare all’Estero e lei viveva con la suocera e un bambino piccolo.
Una sera il bambino era molto ammalato e aveva la febbre altissima. Catina dice alla suocera “vado dal medico” ma la suocera le risponde “sosto matta? Daspuo dell’ave Maria le femene non le può di fora de sciasa”. Infatti dopo il suono delle campane che segnava la fine del giorno e l’arrivo della notte le donne non potevano più uscire di casa perché le creature della notte potevano giocare loro brutti scherzi.
“To sa che i morth i fè la so prodession dute le sere”. Anche i morti a mezzanotte facevano la loro processione per le vie del paese. Ma il bambino si aggravava e la donna aveva paura che morisse. Proprio allo scoccare della mezzanotte, quando il bambino ormai delirava, decise di andare dal medico.
Il medico abitava da Madio e bisognava attraversare metà del paese. Si fece forza e andò. Ma poco più in là una processione di uomini e donne con una candela in mano cantavano strani inni e lei rimase incantata a guardarli mentre le passavano davanti.
Era la processione dei morti di cui sua suocera Ucia le aveva detto di stare attenta. Uno di loro de consegna la sua candela. Catina, non sapendo cosa fare, la prende e piena di paura torna a casa e mette la candela del comò.
La mattina seguente il bambino stà meglio e lei racconta alla suocera quello che le è successo. Va a prendere la candela ma al posto della candela trova UN OSSO di un braccio!!!
"Cosa faccio ora?". La suocera le dice di andare dal parroco il quale la consiglia ritornare la notte seguente nello stesso punto e alla stessa ora per rivedere la processione, di mettere il un gatto in un sacco e di consegnarlo al morto senza candela.
La donna segue quanto detto dal parroco ritorna la notte seguente e consegna il sacco al morto il quale lo prende e poi lo ributta in strada. Raccogliendo il sacco la donna si accorge che il gatto e morto.
Questa era la fine che aspettava al tuo bambino – le dice il parroco – se tu non fossi ritornata o avessi portato con te quello che ti aveva dato.
Nel comò non c’era più niente e in pochi hanno creduto a quanto detto dalla donna ma hanno tramandato la storia.
Una volta le femene no le potheva di fora de sciasa dapuò l'ave maria, che i diseva che al ara i spireth che i te faseva i despieth e che i poteva fiete agn del mel; se dhapuò to dieva fora a medhanuot to poteva sciatete la prodhession dei morth che i partiva tal thimiterio e i faseva la prodhession io par la via Roma e su par al Chianel par tornè dho par la Vila. Fato stà che una femena la se ha scietè bela sola una nuot col canai con la fievera - al su vuom al'ara par al mont par laorier. La proa in dhute le maniere par fie di do la fievera, ma al canai al stà sempre pì mel. A noi resta che dhi a ciamè al medec; in chela volta thenta telefono e telefonins a se dtoveva par fortha di fora de sciasa; no la se inacorth gnan che ale methanuot. Quan che la riva vi da la thiesa - al medec al stavesa vi da Madio (tachè ta la lataria) e lie vi da la Bela - la se chiata la prothession dei mort; ie dhusc con una sciandela ta la man; in tant che i passa un ai sporth la sciandela; lei no savendo ce fie a la ciapa e daspuò dhuta spaventava la torna vi sciasa; la matina la varda ta comò, dholà che al aveva metu la sciandela e al post del la sciandela la vei un os de un brath; no savendo ce fie la va vi dal preve e ai domanda ce mo che al a da fie; al preve ai dhis da ciapè un giat neigre e mettelo ta un sac, tornè la sera a la stesa ora e dal stes post e quand che a passa la porthession spordhe a chel thentha ciandela all'os e mostrei al sac con giat. La femena la fè ce che ai a dit al preve e quanche la torna a sciasa al giat a le mort. Al preve ai dis che se a no l'aves portè al giat a sares mort so fi, che invethe tal mentre, al se aveva varì".
(Dialetto cimoliano)