Intervista a Patrizia Torresin, cestaia
Autore / Produttore: Istituto Comprensivo “A. Zanzotto” di Caneva-Polcenigo
Collocazione: I protagonisti
Data: giugno 2020
Fonte/Informatore: Patrizia Torresin
Data e luogo di raccolta dell'informazione: giugno 2020, Polcenigo
Collocazione: I protagonisti
Data: giugno 2020
Fonte/Informatore: Patrizia Torresin
Data e luogo di raccolta dell'informazione: giugno 2020, Polcenigo
•Come si chiama?
Patrizia Torresin e sono originaria di Montereale Valcellina; insegno a creare cesti da tempo a Polcenigo, ad adulti e ragazzi.
•Quanti anni ha?
Sono una nonna di sei nipotini e ho sessantasei anni.
•Fino a quando è andata a scuola? A quanti anni ha iniziato a fare questo mestiere?
Quando andavo alle medie; di solito, terminati quegli studi, non si facevano anche le superiori, dunque mi sono fermata alla terza media. Ho lavorato nei campi, poi in fabbrica, poi in mensa a scuola a Montereale. Avendo un part-time ho frequentato corsi per imparare lavori manuali. Ho fatto anche il corso di cesteria quando avevo quasi quarant’anni, quindi da adulta durante il fine settimana ho imparato a costruire i cesti tramite corsi di associazioni e della proloco.
•Le piace il suo lavoro?
Mi piace tantissimo, mi dà tanta soddisfazione soprattutto quando vedo bambini e ragazzi interessati.
•Da chi ha imparato il mestiere? Ha faticato per imparare il mestiere oppure ci ha preso subito la mano?
A me è sempre piaciuto lavorare con le mani, anche da piccolissima. Nessuno della mia famiglia ha mai fatto il cestaio, ho conosciuto la mia prima insegnante, che è di Roma, a Polcenigo e ogni tanto ancora viene al Vecchio Mulino a fare corsi. Lei mi ha insegnato tantissime cose, avendo voglia di imparare per me non è stato difficile apprendere questa arte.
•Che distrazioni aveva o ha ancora durante il lavoro?
Quando insegno sto insieme all’alunno e cerco di stare attenta a quello che fa. Anche dagli errori mi vengono idee per fare cose nuove.
•Ha mai fatto delle mostre/dimostrazioni del suo lavoro?
Mostre no, ma dimostrazioni sì, ad esempio durante la Sagra dei cesti di Polcenigo. Qualche anno fa, nel mese di maggio 2016 (replicato nel 2018), la trasmissione di Rai3 Geo&Geo ha realizzato una puntata sui vecchi mestieri, e io ero una delle protagoniste.
Ho lavorato anche con giovani diversamente abili e, semplificando le attività, sono riusciti a fare delle bellissime cose.
•Ha lavorato/lavora da sola o alle dipendenze di altri?
Lavoro come autonoma, soprattutto per hobby, non sono dipendente, non ho dipendenti.
•Ha mai creato qualcosa per altre persone di talmente bello che non avrebbe voluto venderlo?
Sì, ma ho subito cercato di ricreare qualcosa di simile, non uguale perché nessun cesto è mai uguale a un altro.
•Che strumenti si usano nel suo lavoro? Ce n’è qualcuno di particolare? Ce ne sono di ingombranti/pesanti?
Gli strumenti sono semplici e non pesanti, forse un po’ “pericolosi”: punteruoli (solitamente ne uso uno più grosso uno meno), cesoie, ma soprattutto bisogna sapere usare le mani.
•Si indossa un abito apposito per questo lavoro?
No, basta indossare qualcosa di semplice, jeans e maglia/maglione. Non si usano i guanti, bisogna usare le mani nude per sentire il cesto che “cresce”.
•Ha mai rotto/rovinato inavvertitamente un suo lavoro?
A me non è mai successo, però alcune cose che ho regalato non sono state apprezzate e il prodotto è stato rovinato.
•Si è mai fatta male lavorando?
Per fortuna no, però potrebbe sempre succedere quindi bisogna stare attenti.
•Ha mai creato un suo prodotto per una persona importante?
Con un gruppo di Vittorio Veneto ho creato la cesta per una mongolfiera che è stata molto apprezzata per il concorso a cui hanno partecipato. Poi per un’occasione importante, la nascita di una bambina, ho costruito una cesta da usare come culla.
•È ancora in attività?
Per il momento sono ferma a causa del coronavirus, ma in generale sono ancora in attività e voglio andare avanti finché posso.
•Per fare i cesti ci vuole una materia prima adatta?
Per imparare la base della cesteria si usa il midollino, è un rovo che si trova nella giungla dell’Indonesia, che viene ripulito e trafilato, messo in macchine speciali per renderlo dello spessore giusto per l’intreccio. Per usarlo nella creazione dei cesti si deve immergere alcuni minuti nell’acqua fredda per farlo diventare malleabile e quindi intrecciarlo.
Nelle zone di Polcenigo dove ci sono risorgive e corsi d’acqua, si coltivava un tempo il salice, utile per produrre i cesti per l’economia domestica (gerle per pannocchie, ceste per legna, pane o frutta), oppure nella mia zona c’è il nocciolo, altra pianta facile da intrecciare, anche se un po’ dura.
•È difficile intrecciare il midollino per ricavarne un cesto?
Non è difficile se ci si impegna, si ha voglia e si osserva. Ricordatevi quello che dico sempre ai miei studenti: «Non è difficile imparare l’intreccio, bisogna rubare con gli occhi» cioè, quando si vede qualcuno bravo a compiere un lavoro, si deve osservare e imparare già da quel momento e, poi, si può provare a creare qualcosa.
Signora Patrizia, grazie mille dell’intervista e speriamo di vederci presto e, magari, di partecipare a un suo laboratorio.
Grazie a voi, speriamo di vederci presto di persona.
Patrizia Torresin e sono originaria di Montereale Valcellina; insegno a creare cesti da tempo a Polcenigo, ad adulti e ragazzi.
•Quanti anni ha?
Sono una nonna di sei nipotini e ho sessantasei anni.
•Fino a quando è andata a scuola? A quanti anni ha iniziato a fare questo mestiere?
Quando andavo alle medie; di solito, terminati quegli studi, non si facevano anche le superiori, dunque mi sono fermata alla terza media. Ho lavorato nei campi, poi in fabbrica, poi in mensa a scuola a Montereale. Avendo un part-time ho frequentato corsi per imparare lavori manuali. Ho fatto anche il corso di cesteria quando avevo quasi quarant’anni, quindi da adulta durante il fine settimana ho imparato a costruire i cesti tramite corsi di associazioni e della proloco.
•Le piace il suo lavoro?
Mi piace tantissimo, mi dà tanta soddisfazione soprattutto quando vedo bambini e ragazzi interessati.
•Da chi ha imparato il mestiere? Ha faticato per imparare il mestiere oppure ci ha preso subito la mano?
A me è sempre piaciuto lavorare con le mani, anche da piccolissima. Nessuno della mia famiglia ha mai fatto il cestaio, ho conosciuto la mia prima insegnante, che è di Roma, a Polcenigo e ogni tanto ancora viene al Vecchio Mulino a fare corsi. Lei mi ha insegnato tantissime cose, avendo voglia di imparare per me non è stato difficile apprendere questa arte.
•Che distrazioni aveva o ha ancora durante il lavoro?
Quando insegno sto insieme all’alunno e cerco di stare attenta a quello che fa. Anche dagli errori mi vengono idee per fare cose nuove.
•Ha mai fatto delle mostre/dimostrazioni del suo lavoro?
Mostre no, ma dimostrazioni sì, ad esempio durante la Sagra dei cesti di Polcenigo. Qualche anno fa, nel mese di maggio 2016 (replicato nel 2018), la trasmissione di Rai3 Geo&Geo ha realizzato una puntata sui vecchi mestieri, e io ero una delle protagoniste.
Ho lavorato anche con giovani diversamente abili e, semplificando le attività, sono riusciti a fare delle bellissime cose.
•Ha lavorato/lavora da sola o alle dipendenze di altri?
Lavoro come autonoma, soprattutto per hobby, non sono dipendente, non ho dipendenti.
•Ha mai creato qualcosa per altre persone di talmente bello che non avrebbe voluto venderlo?
Sì, ma ho subito cercato di ricreare qualcosa di simile, non uguale perché nessun cesto è mai uguale a un altro.
•Che strumenti si usano nel suo lavoro? Ce n’è qualcuno di particolare? Ce ne sono di ingombranti/pesanti?
Gli strumenti sono semplici e non pesanti, forse un po’ “pericolosi”: punteruoli (solitamente ne uso uno più grosso uno meno), cesoie, ma soprattutto bisogna sapere usare le mani.
•Si indossa un abito apposito per questo lavoro?
No, basta indossare qualcosa di semplice, jeans e maglia/maglione. Non si usano i guanti, bisogna usare le mani nude per sentire il cesto che “cresce”.
•Ha mai rotto/rovinato inavvertitamente un suo lavoro?
A me non è mai successo, però alcune cose che ho regalato non sono state apprezzate e il prodotto è stato rovinato.
•Si è mai fatta male lavorando?
Per fortuna no, però potrebbe sempre succedere quindi bisogna stare attenti.
•Ha mai creato un suo prodotto per una persona importante?
Con un gruppo di Vittorio Veneto ho creato la cesta per una mongolfiera che è stata molto apprezzata per il concorso a cui hanno partecipato. Poi per un’occasione importante, la nascita di una bambina, ho costruito una cesta da usare come culla.
•È ancora in attività?
Per il momento sono ferma a causa del coronavirus, ma in generale sono ancora in attività e voglio andare avanti finché posso.
•Per fare i cesti ci vuole una materia prima adatta?
Per imparare la base della cesteria si usa il midollino, è un rovo che si trova nella giungla dell’Indonesia, che viene ripulito e trafilato, messo in macchine speciali per renderlo dello spessore giusto per l’intreccio. Per usarlo nella creazione dei cesti si deve immergere alcuni minuti nell’acqua fredda per farlo diventare malleabile e quindi intrecciarlo.
Nelle zone di Polcenigo dove ci sono risorgive e corsi d’acqua, si coltivava un tempo il salice, utile per produrre i cesti per l’economia domestica (gerle per pannocchie, ceste per legna, pane o frutta), oppure nella mia zona c’è il nocciolo, altra pianta facile da intrecciare, anche se un po’ dura.
•È difficile intrecciare il midollino per ricavarne un cesto?
Non è difficile se ci si impegna, si ha voglia e si osserva. Ricordatevi quello che dico sempre ai miei studenti: «Non è difficile imparare l’intreccio, bisogna rubare con gli occhi» cioè, quando si vede qualcuno bravo a compiere un lavoro, si deve osservare e imparare già da quel momento e, poi, si può provare a creare qualcosa.
Signora Patrizia, grazie mille dell’intervista e speriamo di vederci presto e, magari, di partecipare a un suo laboratorio.
Grazie a voi, speriamo di vederci presto di persona.